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L’aereo del peccato

L’aereo del peccato

Quel giorno ero pronta per partire per un importante viaggio di lavoro, senza motivo alcuno, ricordo che ero un pò agitata, dovevo incontrare alcune modelle, molto ambite nel nostro settore per cercare di farle iscrivere presso la nostra agenzia. Alle sei del mattino mi trovavo all’imbarco della Malpensa direzione Parigi, in fila pronta con il mio bagaglio a mano, sento qualcuno chiamarmi “Mary” mi giro e vedo che tre persone più in là, c’era Andrea un mio collega, gli chiedo perché era anche lui diretto a Parigi, e mi spiega che l’azienda lo aveva mandato come supporto, vista la sua esperienza nel settore. Andrea era uno degli ultimi arrivati nel nostro ufficio, quando lo vidi la prima volta, pensai fosse un modello venuto in agenzia per un provino, invece era un agente che vantava già dieci anni di carriera, bello ed avvenente, come mai visti fino ad allora. Ricordo che in quei giorni diventò un chiodo fisso, non facevo altro che pensarlo e inavvertitamente ne parlavo spesso anche in presenza del mio fidanzato Marco, tanto che iniziò ad ingelosirsi.
Io e Marco avevamo una storia solida, ci conoscemmo tra i banchi di scuola, gli ripetevo che nei confronti di Andrea nutrivo solo una grande stima professionale, che non aveva nulla da temere, infatti con il passare dei mesi l’argomento non fù più toccato. Pensare che Andrea fosse stato mandato in mio supporto mi fece imbestialire, ma con fare disinvolto, gli dissi “bene! Più siamo meglio è”. Lasciai la fila per l’imbarco e mi diressi, senza un reale motivo, verso il bar, dovevo schiarirmi le idee, così mentre compravo una bottiglia d’acqua, mi ritrovai nuovamente faccia a faccia con Andrea, che con fare spocchioso, mi chiese “hai paura di volare?”, lo guardai dritto negli occhi e con tono infastidito, gli risposi “caro non c’è nulla che mi fa paura”, capì subito, che il mio tono di voce aveva smascherato il mio stato d’animo, allora aggiunsi “che problema c’è? non sei qui per sostenermi?” e lui rispose “ovviamente”.

Ci incamminammo verso l’imbarco e per fortuna avevamo due sedute distanti, mi sentivo sollevata, avevo a disposizione più di tre ore di tempo per sbollire la rabbia e atterrare a Parigi pronta per l’incontro! Del resto mi ero già occupata in passato di questo tipo di accordi commerciali e sempre con ottimi risultati, non mi spiegavo la necessità di mandare qualcuno in mio supporto. Finalmente decollammo, pensai tra me, che fosse meglio leggere un quotidiano per ammazzare il tempo, ma mi sentivo stranamente irrequieta, mi alzai per andare al bagno e dopo qualche passo urtai con la mia coscia nel braccio di Andrea, che stava ascoltando musica con le cuffie, gli occhi chiusi, semi sdraiato e con le braccia allargate (sembrava stesse in spiaggia), lui fece un balzo, mi guardò e disse “hai bisogno di qualcosa?” ed io con tono di voce alta risposi “si, che ti sposti”.

Mi diressi verso il bagno, chiusi la porta e aprì l’acqua del rubinetto, cominciai a bagnarmi la faccia e il collo per rinfrescarmi, quando sentii bussare alla porta, “occupato” dissi, ma continuavano a bussare, allora decisi di aprire e c’era Andrea, che velocemente mi spinse dentro, chiuse la porta dietro di se e cominciò a baciarmi sulla bocca, allora io lo respinsi e gli dissi “ma che fai?” lui mi guardò, come uno che sà bene il fatto suo, e mi rispose “ma dai Mary è chiaro che ti sei strusciata addosso per farmi venire in bagno con te” io rimasi di pietra, sussurrai ” ma, ma sei matto” lui si avvicinò all’orecchio e sottovoce disse “in ufficio sei glaciale, lo capisco, ma qui… dai Mary” continuò ad avvicinarsi, sentivo il suo respiro vicino le labbra, Andrea era proprio bello! Mi avvicinai anche io, accettando tacitamente che lontano dall’ufficio potesse succedere qualsiasi cosa, ma lasciai a lui l’ultima mossa, pensavo mi baciasse nuovamente invece mi accarezzò le labbra con la lingua, mi manteneva il volto con una mano e con l’altra cominciò a sbottonarmi il pantalone, io gli aprii la camicia e gli accarezzavo i pettorali. Mi fece sedere sul lavandino, ormai dettava lui le regole del gioco, mi aprii le gambe e con forza mi spinse le dita nella figa, lui mi masturbava deciso mentre io mi bagnavo senza pudore, mi si spezzava il fiato tanto che godevo. Ansimavo mentre lui semi nudo mi succhiava e mordeva il seno, lo guardai scesi dal lavandino e mi inginocchiai davanti a lui e cominciai a succhiargli l’uccello, così mentre leccavo e succhiavo lui si muoveva mantenendomi la testa, con le mani gli toccavo il culo spingendolo forte verso la mia faccia, volevo il suo uccello tutto dentro alla mia bocca, lui tra spasmi e affanni di piacere mi disse “lo vuoi proprio fino in gola eh!” ed io accennai un si, senza mai fermare il movimento della lingua sul glande.
Mi afferrò e girandomi di spalle, mi chinò sul lavandino, allargò con le dita le grandi labbra e mi penetrò, mantenendomi la testa vicino allo specchio, spingeva sempre più forte, raggiunsi il mio massimo piacere sul suo pene, bagnandolo molto, lui lo sentì e si lasciò andare nel suo orgasmo. Ci rivestimmo frettolosamente, nessuno dei due disse una parola e con fare fugace uscimmo dal bagno. Affrontammo il resto della giornata come se nulla fosse accaduto, nessuno dei due toccò più l’argomento e Marco non si rese mai conto di quanto successo.

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